Una fonte preziosa per l’identità salesiana: la Cronichetta di Giulio Barberis
La “Cronichetta” di Giulio Barberis è documento di grande rilevanza storica e carismatica. Copre il periodo che va da maggio 1875 a giugno 1879. Furono anni determinanti per l’opera salesiana che iniziava la sua espansione mondiale. I quindici quaderni del primo maestro dei novizi salesiani ci mettono a contatto diretto con il don Bosco reale e la vita quotidiana dell’Oratorio, con lo spirito che l’animava e con i problemi e le fatiche di una comunità in rapidissima crescita.
Massimo Schwarzel, segretario del Centro Studi Don Bosco, ne ha curato l’edizione critica in un corposo volume di 770 pagine pubblicato dall’Istituto Storico Salesiano e presentato al pubblico lunedì 24 ottobre 2022, presso l’Università Pontificia Salesiana.
L’incontro, organizzato dall’Istituto Storico Salesiano e dal Centro Studi Don Bosco, è stato moderato dal Segretario dell’ISS Stanisław Zimniak ed ha visto un’ampia partecipazione di pubblico.
Dopo il saluto iniziale di don Thomas Anchukandam, Direttore dell’ISS, si sono succeduti tre relatori che hanno illustrato il valore dell’opera di don Barberis. I loro interventi sono disponibili online su YouTube a questo link: https://youtu.be/SCyMLirZ6sk
Nella prima relazione Massimo Schwarzel, editore del volume, ha messo in evidenza la figura di don Giulio Barberis e l’importanza storiografica del suo lavoro. Nato nel 1847, Barberis entrò nel ginnasio di Valdocco nel 1861. Ordinato sacerdote nel 1870, completò la sua formazione nel 1873 con la laurea in Teologia presso l’Università di Torino. Don Bosco gli affidò la formazione dei novizi nel 1875. Aveva appena 28 anni. Mantenne tale carica per venticinque anni. Poi fu ispettore e direttore spirituale della Congregazione. Lavoratore instancabile e preciso, fortemente attaccato a don Bosco, ebbe opportunità di dialogare frequentemente e a lungo con il Fondatore. Frutto di tali colloqui sono i quaderni della Cronichetta, ispirati dalla preoccupazione di tener memoria “dei fatti e delle parole di don Bosco”, dello stile educativo di Valdocco e dello spirito che animava la prima casa della Congregazione. Lemoyne, primo biografo del santo, attinse ampiamente a questo ricco materiale, ma lo filtrò in prospettiva agiografica ed edificante. La lettura diretta della Cronichetta invece permette un accostamento diretto al don Bosco storico, all’uomo concreto, con la sua mentalità, il suo stile di azione, le sue prospettive ideali.
Nel secondo intervento Aldo Giraudo ha illustrato alcune particolarità della vita quotidiana di Valdocco. Quelli erano anni di costante incremento numerico. La casa traboccava: 700 ragazzi poveri interni, dai 12 ai 20 anni, più un centinaio di salesiani, tutti giovanissimi. L’ambiente era connotato da un fervore operativo frenetico, caratteristica propria dello spirito della Congregazione. Tale laboriosità scaturiva dal desiderio di consumare sé stessi per la maggior gloria di Dio e il bene dei giovani. Una seconda peculiarità della casa di Valdocco è l’intenso clima spirituale in cui giovani e salesiani erano immersi, in modo naturale, senza alcuna costrizione. Ne derivava un vissuto spirituale fervido, fecondo di eccellenti frutti. Uno di questi è l’impressionante fioritura vocazionale. Il relatore ha fatto notare che la Cronichetta non mette in rilievo fatti «soprannaturali». Barberis non presenta don Bosco come taumaturgo. Descrive l’uomo intelligente e intraprendente; il prete zelante e coraggioso; la persona virtuosa e devota, ma normalissima, senza fenomeni straordinari evidenti. Si premura però di narrare ciò che gli appare straordinario nella vita della comunità, per dimostrare la protezione di Dio e l’assistenza di Maria Ausiliatrice sull’opera salesiana.
Il terzo relatore, Samuel Amaglo, si è soffermato sulle spedizioni missionarie del 1875 e 1877, illustrate ampiamente nelle Cronichetta. La missione salesiana dalle origini coinvolse tutta la nascente Congregazione. Barberis descrive in modo dettagliato la preparazione della prima spedizione e testimonia il fervore suscitato dall’evento. Era un progetto a lungo coltivato da don Bosco, il quale seppe creare nell’ambiente uno stato permanente di missione. Il personale fu accuratamente selezionato, a cominciare dal capo-spedizione Giovanni Cagliero, preferito “per la sua indole dolce, carattere conciliato, fare amabile”. La solenne funzione di addio ebbe forte impatto sui giovani e sull’opinione pubblica. Don Bosco valorizzò in prospettiva educativa, spirituale e vocazionale tale entusiasmo, suggerendo ai ragazzi: “Cominciate a prepararvi colla preghiera, collo stare veramente buoni, col servirvi da missionari gli uni per gli altri, dandovi buon esempio; poi anche collo studiare alacremente, facendo bene i vostri doveri di studio e di scuola”. Il fervore ispirato dal santo, e in modo particolare il clima da lui predisposto per coltivare vocazioni missionarie e formare i partenti, sono elementi che ci servono di lezione per una missionarietà rinnovata secondo il carisma di don Bosco.
A conclusione dell’evento Michal Vojtáš, vice-rettore dell’UPS, a offerto alcuni spunti di riflessione sulla fecondità pedagogica, spirituale e identitaria di documenti come questo per un ripensamento operativo nell’oggi dell’identità e della missione salesiana.